I racconti dei cacciatori di acquatici
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Il Casone di caccia di Gaetano Boccola
  Durante il mio peregrinare per tutto il nord Italia per motivi di lavoro mi sono imbattuto, un giorno direi decisamente fortunato, in un cliente, gioielliere ed orologiaio appassionato di caccia.
Il tutto accadde grazie all' agente di zona per il Friuli Venezia-Giulia, che un giorno mi disse: "dai Boccola c'è il cliente di Grado che può invitarti un week end a caccia di anatre".
Non me lo sono fatto ripetere, contattatolo telefonicamente organizzammo il tutto per la settimana successiva. Fu un'esperienza notevole: partimmo il venerdì pomeriggio in barca da Grado e, canale dopo canale, arrivammo al casone.
Il casone rigorosamente con tetto fatto di cannuccie e realizzato su due livelli, era costruito su una piccola isoletta nella laguna circondata da acqua salmastra, che disponeva, a sua volta, di una microscopica laguna di acqua dolce grazie alle sotterranee fonti termali, che fornivano anche l'acqua calda al casone.
Era raggiungibile solo con la barca attraverso un dedalo di canali scavati nella laguna aperta che solo il proprietario riusciva a vedere: sfrecciavamo al buio a tutta velocità con la sua barca con un potente Evinrude da 50 cavalli.
Nel casone non c'era corrente elettrica e le lampade funzionavano a gas, l'unico elettrodomestico era una radio che funzionava a batterie: ma su tutto ciò c'era Giovanni.
Giovanni, di età indefinibile, viveva nel casone da sempre occupandosi della sua manutenzione e della gestione dei richiami vivi, tra cui vi erano delle splendide alzavole, gli immancabili germani ed un paio di fischioni. Andava in paese, Aquileia, solo tre o quattro volte l'anno, per le spese grosse, altrimenti ci pensava il proprietario che durante il periodo estivo lavorava come cuoco in un albergo della zona mentre d'inverno accompagnava i fortunati cacciatori alle botti, sul bordo della sua valle di pesca oppure nelle varie corregge della grande laguna a seconda delle situazioni meteo e disponibilità di selvatici.
Vigeva una strana consuetudine, non essendo l'ospitalità offerta di tipo alberghiero bisognava partecipare alle attività della casa come preparare il cibo, che poi cucinava il proprietario, oppure lavare i piatti. Inoltre arrivando il venerdì sera per ripartire la domenica pomeriggio, era gradita la presenza di vino.
Alla mia prima visita da solo il tragico errore: vino bianco e fragolino da 50 mila vecchie lire la bottiglia. Snobbato!
Alla seconda vino rosso di qualità con regalo, un orologio, al Giovanni che ha ringraziato dicendo: “Bene!”, che equivale ad un sentito e lungo ringraziamento di una persona normale.
La prima notte tra il venerdì ed il sabato, passata insonne in uno dei letti a castello del piano terra, sarà durata 50/60 ore, l'ora fatidica sembrava non arrivare mai. Il suono della sveglia ed il borbottio della caffettiera mi hanno svegliato da un incubo terribile: sognavo di essere a caccia mentre invece ero in città, ma per fortuna era tutto vero.
Il proprietario andò a controllare il livello della marea da cui sarebbe dipesa la scelta del luogo dove cacciare, il numero dei richiami vivi e il tipo di caccia: da botte o dalla barca che, in questo caso, bisognava completamente mimetizzare con una apposita rete. Tornando disse che bisognava andare in laguna all'aperto, c'erano sono i fischioni, in botte saremo andati forse nel pomeriggio.
Sono le quattro e mezza quando lasciamo il moletto d'approdo dell'isola, è incredibilmente buio e fa un freddo cane ma per fortuna sono intabarrato bene: pile, piumino d'oca leggerissimo, guanti, cappello e cerata per non bagnarsi durante gli spostamenti.
Tutto intorno uno spettacolo fatto non tanto di immagini a causa del buio, ma di suoni, odori, ombre che mi portano a cercare di memorizzare il tutto al meglio sapendo che sarà un'esperienza purtroppo breve.
Finalmente arriviamo dopo 45 minuti di navigazione in una zona della laguna aperta e distante 600/700 metri da alcuni argini che, mi verrà spiegato dopo, appartengono ad una riserva di caccia. Iniziamo a posizionare gli stampi e subito dopo a mimetizzare la barca.
Inizia ad albeggiare, non abbiamo visto neanche un becco piatto: in effetti c'è poco vento e sembra una giornata di sole quasi primaverile pur essendo l'inizio di novembre. Ma ecco girare i primi branchi di fischioni, decine e decine di animali col loro inconfondibile richiamo, volano però alti e non riusciamo a farli avvicinare. Mentre stavamo scambiandoci le nostre perplessità un branchetto di una ventina di capi ci arriva improvvisamente e silenziosamente sulla testa, è tutto uno scattare, ci alziamo in piedi insieme, sparando io al lato del branco, lui al centro.
Cadono quattro pezzi, ma la corrente li trascina immediatamente lontano.
Per non perderli ci disancoriamo e partiamo. Riusciamo a rientrare dopo una buona mezz'ora, trovando posati tra gli stampi due germani che però non riusciamo a portare a tiro.
Continuano i voli troppo alti dei fischioni e quindi alle 9,30 decidiamo di rientrare alla base.
Finalmente la luce del giorno mi permette di apprezzare lo spettacolo della laguna e dei suoi canali: uccelli di ogni tipo si alzano al procedere della barca, chiurli, pivieri, piro-piro, aironi, tuffetti, svassi maggiori, garzette candide come la neve, beccaccini, ma all'improvviso una sagoma che sembra diversa, un fischione, probabilmente ferito da noi data la direzione del ritrovamento, che abbiamo provveduto a recuperare per farlo finire, dopo adeguata verifica medica, tra i richiami vivi del casone.
Nella laguna abbondano le cozze che, dopo accurato risciacquo e cottura, si sono dimostrate un ottimo pranzo in attesa del rientro serale.
Vista la splendida giornata il rientro serale è stato scarso di emozioni, per cui abbiamo confidato in un peggioramento del tempo per la mattina successiva della domenica. Infatti al mattino nebbia e gelo, finalmente, con la possibilità di andare in botte.
Lì i richiami vivi hanno svolto egregiamente il loro lavoro, diverse infatti le alzavole ed i germani incarnierati con tiri difficili a causa della visibiltà scarsa, realizzando anche difficili doppiette considerato che a quei tempi, e credo tutt'ora, in Friuli c'era la limitazione a due colpi.
Dopo la splendida mattina il proprietario mi chiede se voglio fare anche il rientro, ho promesso a mia moglie che non avrei fatto troppo tardi, ma la tentazione è irresistibile. Al casone mi viene dato un binocolo e mi viene detto "vai lì sulla punta dietro la casa e guarda in mezzo alla laguna". Uno spettacolo incredibile migliaia di anatre tra fischioni e germani imbrancate in una macchia scura di proporzioni gigantesche.
In una successiva visita ho conosciuto il giovane ed in gamba veterinario della zona, nonchè cacciatore, che si occupava per la provincia anche del censimento delle anatre che mi ha confermato in circa 25 mila le presenze medie giornaliere solo di fischioni in quel periodo, non riuscendo a calcolare i germani che comunque sono semistanziali.
Quindi rimango per il rientro e mentre ci avviciniamo col barchino alla botte del mattino vedo un bel branchetto di anatre che faceva pulizie del piumaggio a poche decine di metri da noi. Lo spettacolo era tanto affascinante ed inconsueto che sono rimasto a guardarle senza dire nulla, dato che potevamo fermarci, scendere dalla barca, avvicinarci ed incarnierarne diverse; invece gli siamo arrivati quasi addosso, così si sono involate tra gli improperi friulani del barcaiolo.
Il rientro ci riserva altre poche emozioni, qualche alzavola ed una fologa, nient'altro.
Rimane però il sapore di un week end trascorso non troppo lontano da casa, ma lontano dal mondo delle tv, dei telefonini, del traffico e delle incazzature, con gente semplice ma schietta ed animata da una passione per la caccia infinita, in un posto che cacciatori come noi definiamo fantastico.
Dimenticavo: oltre alle anatre sono rientrato con due branzini da un chilo e mezzo l'uno, fiocinati sotto i miei occhi, di una bontà da raccontare.

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